Sosteniamo donne sopravvissute alla violenza con la onlus Trama di Terre

Se cercate delle facce a cui affezionarvi, non possiamo darvele. Le donne che aiutiamo hanno nuove identità e noi, prima di tutto, abbiamo il dovere di proteggerle.

Costituita a Imola nel 1997, l’associazione Trama di Terre è in prima linea da oltre 24 anni nell’accoglienza delle donne, native e migranti, sopravvissute alla violenza maschile. È stata la prima realtà in Italia ad occuparsi di ragazze in fuga da matrimoni forzati e di violenze legate all’onore, con un approccio interculturale di genere.

Trama di Terre collabora con diversi centri antiviolenza in Italia e con i servizi sociali territoriali: è uno spazio sicuro, dove si sostengono le donne che intraprendono un percorso di emancipazione dalla violenza maschile, per permettere loro di vivere la propria autonomia e autodeterminarsi.

L’associazione gestisce diversi progetti: appartamenti di alta autonomia per donne in difficoltà economica, il Centro Interculturale delle Donne, il Centro Antiviolenza e il Progetto Rifugiate, per l’accoglienza di richiedenti asilo, con particolare attenzione alle violenze di genere subite nel Paese d’origine, durante e dopo l’arrivo nel nostro Paese.

L’idea che ha guidato l’associazione fin dalla sua nascita è stata trovare un luogo di condivisione fra donne di diverse età e provenienze (geografiche, culturali, sociali), per lottare l’una accanto all’altra per i diritti di tutte. All’ingresso di Trama di Terre, su uno dei tanti cartelloni colorati, si legge una scritta: “Possono tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”.

La nostra Fondazione per Trama di Terre

Immagina di dover mollare tutto, sparire in meno di 24 ore e che sia necessario per sopravvivere. Immagina di dover ricominciare da zero in una nuova città. Un posto sconosciuto, dove ancora non sei niente. Cambiare nome, pettinatura, modo di vestire. Cercare di nasconderti nei dettagli, anche se nessun travestimento sarà sufficiente per metterti al sicuro. Immagina di sapere che, in ogni istante, la tua vita passata può tornare a cercarti. Preparati al peggio: alla paura, alla voglia di tornare indietro e alla solitudine. E soprattutto, a una delle sfide più difficili: ricostruirti.

In Italia ci sono decine di donne che fuggono ogni giorno dalle violenze di padri, fidanzati, mariti, fratelli: sono sopravvissute che vivono nell’ombra come i testimoni di giustizia, solo che lo fanno senza scorta e senza protezioni. A parole siamo tutti contro la violenza di genere: lo sono i politici di ogni schieramento, lo è chi ci governa. Ma quando è il momento di sostenere le donne nella vita quotidiana, perché la loro libertà diventi stabile e sicura, i potenti spariscono tutti. Eppure la lotta di una donna che scappa dalle violenze, non finisce nel momento della fuga. Essere libere è una scelta, ma non basta. Serve una rete che ti supporti e soprattutto servono i mezzi economici per poter raggiungere l’indipendenza ogni giorno.

Per questo la Fondazione il Fatto Quotidiano, in collaborazione con l’associazione Trama di Terre, ha deciso di lanciare una campagna: vogliamo finanziare borse di autonomia per le donne e le giovani ragazze che si stanno ricostruendo una nuova vita. Ogni borsa, dell’ammontare di 5mila euro, sarà destinata a obiettivi concreti: pagare un corso di formazione professionale o l’esame per la patente, coprire parte dell’affitto o le spese durante gli studi all’università, finanziare l’arredamento di un monolocale, acquistare una macchina o un motorino.

Vi state chiedendo se questi soldi cambiano la vita? Sì. Sono boccate d’ossigeno per chi parte dal nulla, si sta emancipando dalla violenza e cerca di autodeterminarsi.

“Possono tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”
L’INCONTRO
Non possiamo dirvi molto, ma sappiate che queste donne le abbiamo incontrate tutte di persona per chiedere loro di cosa avessero più bisogno.

Chi vogliamo sostenere

Dietro ogni borsa, c’è una storia. Ma noi non ve la diremo. Se cercate delle facce a cui affezionarvi, non possiamo darvele. Se volete episodi raccontati nei dettagli, non li avrete. Le donne che chiedono aiuto stanno ricominciando lontano dalle loro famiglie, hanno nuove identità e nuove vite e noi, prima di tutto, abbiamo il dovere di proteggerle. Se ti chiedi chi sono, sappi che una di loro, molto probabilmente, l’hai incontrata oggi al supermercato. Era con te in coda alle poste. Aspettava l’uscita dei figli nel cortile della scuola, proprio al tuo fianco. Era in bicicletta, ferma al semaforo, accanto alla tua macchina. O al bar a ordinare un caffè, in attesa di entrare in classe. Viviamo nelle stesse città, frequentiamo le stesse scuole e gli stessi luoghi di lavoro: hanno bisogno di sostegno e troppo spesso nemmeno possono chiederlo. I nomi sono importanti: ne hanno uno vero, rimasto solo sui documenti, e uno che usano per la nuova vita. Non vogliamo mentirvi e non vi diremo nessuno dei due.

Una di loro ha 22 anni. Di notte studia per gli esami all’università e di giorno fa la commessa in un negozio di vestiti nel centro di una città che dobbiamo tenere segreta. Pochi mesi fa ha detto No a un matrimonio forzato e ha dovuto abbandonare la sua famiglia, perché rifiutare il destino che le avevano scelto non era un’opzione accettabile. Né per la sua mamma, né per il suo papà. Finora aveva sempre detto Sì: al velo imposto contro la sua volontà, alle uscite ridotte al minimo, alle sgridate perché studiava troppo e si occupava poco della casa. Aveva detto Sì anche alle violenze: perché essere picchiata, quando la stessa sorte tocca a tutte le donne di casa, ti sembra parte della normalità. Ha detto un solo No: ha chiesto di poter sposare chi ama e così facendo ha disubbidito all’unica regola intoccabile, quella dell’onore. Per questo ha dovuto lasciare tutto. Ora vuole farcela, a pagarsi gli studi e a vivere da sola, ma quando le spese sono troppe vorrebbe solo alzare il telefono e chiedere aiuto alla famiglia. Che altro dovrebbe fare? Diciamo a queste ragazze di scappare, ma poi a fatica offriamo soluzioni concrete per tenerle in salvo. Lei rischia la vita se torna indietro, ma a volte si sente così sola che mollare tutto sembra l’unica opzione.

Borsa di autonomia #1 | 5.000 EURO

Contributo affitto e costi universitari

M. scrive: “Ho tanti sogni per la mia nuova vita, ma purtroppo i soldi del mio lavoro non bastano. Per riuscire a continuare l’università, avrei bisogno di un contributo per l’affitto e per tutte le spese legate ai miei studi. È una catena: se non studio e non ho una qualifica non potrò mai aspirare a un buon lavoro e sarò sempre in affanno. Ci sto provando ad andare avanti da sola, ma so che prima di tutto devo essere autonoma economicamente”.

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Un’altra ragazza di anni ne ha trenta compiuti. Fa la cameriera in un ristorante mentre il figlio più piccolo è all’asilo nido. Lavora poche ore, non sempre lo stipendio è sufficiente per portare qualcosa a tavola, sia a pranzo che a cena. Se potesse essere più autonoma negli spostamenti potrebbe cambiare lavoro, essere meno vincolata agli orari di scuola del piccolo, e guadagnare meglio. Basterebbe poter studiare per la patente del motorino o anche solo avere una bicicletta elettrica: per il momento sarebbe già qualcosa. Nella vita di prima, suo marito non voleva che uscisse mai di casa: neanche per una passeggiata, neppure per fare la spesa. Doveva stare rinchiusa e ogni volta che faceva sentire la sua voce, veniva picchiata. Le botte e gli abusi sono andati avanti per molti anni, finché un giorno ha chiesto aiuto a una persona che ha fatto una domanda in più degli altri. Non vi diremo chi è, ma quella domanda, quella che molto spesso noi in situazioni simili non abbiamo fatto, le ha salvato la vita. Ora è ripartita da zero e quando suo figlio piange perché ha fame, non sempre riesce a pensare di essere sulla strada giusta. Ecco perché ha ancora bisogno di sostegno.

Borsa di autonomia #2 | 5.000 EURO

Contributo patente e acquisto auto usata

F. scrive: “Se avessi un piccolo aiuto, una delle cose di cui avrei bisogno ora è la patente. Anche se, per il momento, non posso permettermi un’auto, potrei scrivere nel mio curriculum che so guidare. E così avrei più chance per un buon lavoro. Poi piano piano risparmierò per avere una macchina tutta mia”.

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Non possiamo dirvi molto, ma sappiate che queste donne le abbiamo incontrate una a una e, prima di lanciare la campagna, abbiamo chiesto loro di cosa avessero più bisogno. Le donne che ci impegniamo a sostenere vivono in Italia, dal Trentino-Alto Adige alla Sicilia. La maggior parte sono state accolte in case rifugio subito dopo la fuga dalla violenza, ma il periodo di copertura è terminato e il percorso di uscita dalle strutture è molto difficile. Immagina di essere riuscita a scappare, tagliare i ponti e ripartire. Poi immagina di rischiare di perdere tutto perché i soldi per essere libera non sono abbastanza. Significa veder crollare la tua vita, di nuovo. Ecco perché abbiamo deciso di far partire questa campagna e perché ci rivolgiamo a voi.

Borsa di autonomia #3 | 5.000 EURO

Contributo affitto e corso mediatrice

R. scrive: “Ho un desiderio: diventare una mediatrice culturale. Ora che sono libera e posso finalmente pensare al futuro, vorrei fare un lavoro che mi permetta di aiutare le altre donne. Purtroppo, però, il corso costa troppo e non me lo posso permettere. A bloccarmi stavolta sono i pochi soldi”.

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Sappiate che quello che vi chiediamo è molto di più di un sostegno economico: vi chiediamo di adottare questo progetto, di appassionarvi come noi lo abbiamo fatto, anche se non ci saranno foto da esibire o risultati da rivendicare pubblicamente. Preparatevi perché non sarà come per le adozioni a distanza o gli altri progetti benefici: purtroppo non ci saranno selfie da postare su Facebook per ogni versamento, perché quel selfie nessuna delle persone che aiuteremo può permetterselo. Non a cuor leggero. Noi però, vi proponiamo di essere parte di qualcosa di molto più grande: vi chiediamo di ascoltare le richieste di aiuto di queste donne, rispettarne le voci e i tempi. Di diventare loro alleate e alleati. Il vostro gesto, grande o piccolo, avrà un impatto dirompente: non solo aiuterà a mettere un tassello in più in un processo di indipendenza lungo e faticoso, ma dimostrerà anche che siamo in tanti a credere nel diritto alla loro libertà. E che, anche se queste donne per ora non possono farsi vedere, siamo in tanti a volerci schierare al loro fianco.

Borsa di autonomia #4 | 5.000 EURO

Contributo arredamento casa

L. scrive: “Sto lottando per essere libera, ma non è facile. Se potessi avere questo contributo, lo userei per arredare la mia prima casa. Ho un lavoro che per il momento mi permette di coprire solo cibo e affitto, ma non ho soldi per l’arredamento. Mi manca tutto: la cucina, un piccolo tavolo, il letto. Dopo anni di fatiche, una casa dignitosa rappresenterebbe un traguardo davvero importante per la mia autonomia”.

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Borsa di autonomia #5 | 3.000 EURO

Contributo acquisto auto usata

T. scrive: “Per mettermi in salvo sono scappata dalla mia città e ora vivo con il mio bambino in un luogo protetto. Ho trovato un lavoro, ma per riuscire a incastrare gli orari con quelli dell’asilo avrei bisogno di una macchina. I soldi che guadagno bastano appena per cibo e affitto. Avere un’auto farebbe la differenza”.

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