Yvette Samnick è una delle operatrici dell’associazione Trama di Terre, la onlus che da oltre 24 anni si occupa dell’accoglienza delle donne, native e migranti, sopravvissute alla violenza maschile e con la quale la Fondazione il Fatto Quotidiano ha lanciato le “borse di autonomia” per permettere alle giovani ragazze in fuga di emanciparsi e autodeterminarsi.
Samnick ha voluto raccontare la sua storia – di cui pubblichiamo solo un estratto – a Martina Castigliani sul fattoquotidiano.it in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Nata in Camerun, è arrivata in Italia con una borsa di studio per l’Università della Calabria ad Arcavacata di Rende dove si è laureata in Scienze politiche. Lì ha conosciuto un uomo di cui si è innamorata ma che, subito dopo la gravidanza, l’ha resa vittima di violenze fisiche e psicologiche. Finché non è riuscita ad andarsene e denunciare. Ma non tutte ci riescono e, soprattutto, il peggio inizia dopo. Per questo, dice, è urgente che si mettano in campo meccanismi di protezione subito dopo la denuncia, e i centri antiviolenza sono fondamentali.
Stiamo sbagliando il modo in cui raccontiamo la violenza contro le donne?
Io per oggi ho rifiutato tutte le interviste. È tipico della cultura patriarcale: mi cercano perché vogliono ascoltare la donna vittima che si lamenta. Ma io sono stufa, non voglio essere vista così. Ho già pianto abbastanza.
E come vuole essere vista?
Non serve a niente che racconti quanti schiaffi ho ricevuto, perché chiunque ha sentito parlare di violenza fisica sa di cosa si tratta. Voglio invece ragionare su quello che ho vissuto, su dove sono arrivata e i percorsi che ho fatto con i centri antiviolenza. Queste sono riflessioni che possono interessare le donne che vivono la mia stessa situazione.
Partiamo dall’inizio. Come si finisce in una storia violenta?
Le dinamiche della violenza in un rapporto affettivo iniziano dal primo giorno, dal primo secondo che incontri l’uomo maltrattante. Possibile che sia così presto? Sono segnali impercettibili. Quando penso alla mia storia, so che sono iniziati fin dal primo giorno e io non ero attenta.
L’intervista integrale è disponibile su ilfattoquotidiano.it